EZIOPATOGENESI
Le lesioni cervicali non cariose colpiscono principalmente il colletto del dente ma talvolta si possono estendere al confine tra il terzo cervicale e il terzo medio. La loro particolarità è che difficilmente hanno un’eziopatogenesi cariosa, ma derivano da un mix di fattori meccanici, quali l’utilizzo ostinato di dentifrici particolarmente abrasivi abbinati, talvolta, a tecniche scorrette di spazzolamento, e di fattori chimici, principalmente rappresentati da erosione acida. Per di più la regione cervicale dei denti è una zona dove si scaricano le forze masticatorie, rendendola più suscettibile ad essere danneggiata. Le conseguenze sono di ordine estetico e sintomatologico.
La regione cervicale di un dente è meccanicamente sfavorevole perché, essendo alla base dello stesso, è una zona che subisce il carico di tutte le forze masticatorie, oltre che delle forze generate durante la giornata dal contatto tra denti antagonisti. Oltretutto le zone più colpite sono quelle anteriori, dove si concentra la maggior attenzione durante lo spazzolamento, con il conseguente inestetismo.
“La loro particolarità è che difficilmente hanno un’eziopatogenesi cariosa, ma derivano da un mix di fattori principalmente chimici e anche meccanici”
E’ opportuno risolvere con adeguate tecniche sia gli inestetismi che la sintomatologia dolorosa da lesioni cervicali non cariose, oltre che individuare ed eliminare in primis i fattori chimici alla base dell’erosione e poi quelli meccanici alla base dell’abrasione. In effetti la risoluzione della sensibilità, che è il sintomo più facilmente riscontrabile in questi casi, è spesso il motivo principale per cui si sceglie di affrontare il restauro in una zona del dente così sfavorevole. Nel momento stesso in cui si trattano tali lesioni nei settori anteriori, le prime considerazioni che vanno affrontate sono quelle estetiche: la scelta del colore e la valutazione della linea del sorriso. Prima del montaggio della diga si seleziona il colore del materiale da ricostruzione e il tipo di composito e si confronta col colore del dente della zona da restaurare. Immediatamente dopo andrà analizzata la linea del sorriso: se essa fosse particolarmente alta, la singola terapia conservativa potrebbe non essere sufficiente, in quanto la copertura della zona cervicale e magari di parte della radice porterebbe come risultato una corona eccessivamente lunga. In queste situazioni il ricorso alla terapia chirurgica parodontale è fondamentale per avere un risultato estetico soddisfacente.
“E’ opportuno risolvere con adeguate tecniche sia gli inestetismi che la sintomatologia dolorosa da lesioni cervicali non cariose”
La procedura fondamentale per scelta del colore corretto del composito è la “prova”, ossia l’applicazione di una goccia di composito sulla zona da restaurare, che permette di confrontare il colore del materiale da restauro col colore del dente. La chiave, invece, di una risoluzione completa della sensibilità è insita in una corretta tecnica adesiva. Essa prevede l’utilizzo di materiali adeguati, gestiti rispettando le procedure ed i tempi in modo rigoroso.
QUALE PROTOCOLLO ADESIVO ESEGUIRE
Per quanto riguarda l’adesione, oltre alla tecnica Total Etch sicuramente efficace, anche l’utilizzo di adesivi universale con tecnica Self-Etch sembra risulta essere efficace. La classica tecnica Total Etch prevede:
- acido ortofosforico 35-40% applicato per 30 s sullo smalto del dente e sulla dentina per 15 s e lavato abbondantemente per altri 20-30s circa;
- primer, spalmato sulla dentina per circa 15-20 s e asciugato perfettamente ripetendo la procedura un paio di volte;
- bondig, spalmato su smalto e dentina per altri 20-30s e disteso perfettamente con pennellino, fino ad ottenere una superficie uniforme, e fotopolimerizzato per almeno 40s.
Per quanto riguarda l’utilizzo di un adesivo universale con tecnica self etch, si tratta di:
- mordenzare solamente lo smalto con acido ortofosforico 35-40% per 30s e lavare abbondantemente per 20-30s
- Stendere accuratamente l’adesivo su tutta la dentina, e sullo smalto, con brush per circa 40s. Soffiare abbondantemente per far evaporare l’adesivo in eccesso e mordenzare per circa 40 s.
Punto cruciale della risoluzione della sensibilità dentinale è l’utilizzo, subito dopo l’adesione, di un materiale composito fluido applicato creando uno spessore uniforme di circa 0.5 mm su tutta la dentina. Tale passaggio chiave garantisce al materiale composito con cui si effettua la ricostruzione di non strappare parzialmente il primo strato adesivo di bonding durante la sua fotopolimerizzazione: infatti, una volta modellato il materiale, l’indurimento dello stesso è ottenuto tramite l’applicazione di una luce di una determinata lunghezza d’onda e, durante questa fase, il composito stesso tende a contrarsi, andando ad esercitare una trazione proprio sul materiale composito fluido, che in questo caso si comporta da rompiforze.
La ricostruzione andrà eseguita andando ad accentuare leggermente il profilo di emergenza “bombandolo” in maniera tale che il restauro possa proteggere il margine gengivale. Al completamento della stessa l’applicazione di un gel di glicerina ed un’ultima fase di polimerizzazione per 60 s rendono la superficie del composito perfettamente polimerizzata, non appiccicosa e facilmente lucidabile. La fase di lucidatura deve portare ad una superficie” a specchio”, in perfetta continuità con le linee di transizione preesistenti del dente, così da avere un corretto passaggio tra dente e restauro e mimetizzare perfettamente la massa composita.
E’ fondamentale rivedere il paziente a distanza di tempo per controllare il restauro che, se non risultasse liscio e lucido, diventerebbe una zona di accumulo di placca e batteri; inoltre è necessario controllarne anche il colore, dal momento che il dente restaurato, appena terminata la ricostruzione e smontata la diga, si disidrata e appare bianco e gessoso.